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      Mirabile larghezza di libertà in patria, dove l'ignoranza di un funzionario e la libidine soppressiva di un magistrato si oppongono alla voce ed allo scritto con un numero di codice penale, rimaneggiato a favore dell'astuzia mediocre; libertà, in questo, otrajata spontaneamente dalla vigile critica, custode del patrimonio artistico nazionale, verso chi, più delli altri, doveva venire invigilato per la sua maggiore espansività e quindi per il maggior contagio morboso; già che il male dall'alto più nuoce e più si riversa.
      ***
      Ma tutto ciò è lungo proemio d'idee generali per breve nota bibliografica. Più tosto, si sfogli il centone. Ed Elettra incomincia:
      «Candide cime, grandi nel cielo forme solenni,
      cui le nubi notturnestanno sommesse come la gregge al pastore, ed i Vegli
      inclinati su l'urne.
      . . . . . . . . . . . . . . . .
      o Montagne, . . . . . .
      ed avvisiamo l'alpinista di prosodia a scalarle.
      Farà per Dante una similitudine di scoglio scaturiente dal mare: gli porrà vicinissimo un Re giovane che torna al regno dopo un fatto di cronaca passionale e transitorio per quanto rosso: verranno per Trento e Trieste, fregola d'irredentismo, quando li scolaretti vi hanno pretesto per tumultuare e il governo protegge le spie absburghesi al confine, le memorie risuscitate dai fratelli Bronzetti; e, poco dopo, per falso amor di patria, sul bizzarro intrico delle molli rime, che nascondono la fluida vena personale di Pascoli, l'epinicio ai marinai sfortunati, soppressi in China dalla ragione patria cinese.


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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo
1914 pagine 379

   





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