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      Con lunga lena, Roma invocando, e ripetendo l'eroica dei Mille, viene, chiamando verità nel carme, a ripetere la Notte di Caprera, il miglior risultato del suo stampo, che poco fa ci illuse di un rinnovamento civile sulla voluttà barbara e spumeggiante della sua poesia, onde l'accogliemmo come primo ma unico gradino di libero e spontaneo riconoscimento.
      O, volgendosi ai grandi trapassati nel secolo, che ultimo si aboliva al tempo, ma non alla storia, a mo' di un Marini(33) raccoglie una altra Galleria: eccovi Giovanni Segantini, pittore di ghiacciai insuperabile; Giuseppe Verdi romantico musicista, che accentrò in sè uno sforzo ed una prova nella lirica tragica; Vincenzo Bellini rugiadoso ed ardente siculo di crome melanconiche; Victor Hugo, colosso caotico di imagini indefinite e paradossali, profondità burrascosa di ambizione e d'umanesimo, di libertà repubblicana e di aristocratico sentimento.
      E, più in giù, per Federico Nietzsche, a cui la povertà del suo pensiero non difficilmente chiede prestito; al maestro distruttore che ci si presentò sorridente e sereno, mentre lenta pazzia lo turbava a morte, ha l'ode capitale dell'addio, ed in lui si specchia:
      «. . . Questi è mio pari».
      Bene da qui, pagano rivissuto, potrà chiamare Cristo(34) gnostico un capolavoro; bene, lo potrà sepellire, morto e non più ingombro colla sua categorica predicazione di un altro paradiso opposto al suo.
      E, non ch'io mi trovi di essere tenero oltre il bisogno per un Esseno mistico e doglioso, che soprafece di narcotico sapiente la vigilia de' Giudei ausiliari davanti la sua tomba, cui Giuseppe d'Arimatea, gli aveva apparecchiata d'intesa; non che io pieghi verso quel suo messianismo dubio e favoloso di paradisi sociali a rimunerazione delle angoscie, per cui la coscienza semita, pratica lo condannò, invece di Barabba, alla croce; ma dal fatto stesso che per venti secoli, or mai, perdura la sua dottrina, questo capolavoro che muore in cospetto alla scienza ed alla libertà universa, è troppo piccola parola, parola d'esteta, per significarlo.


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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo
1914 pagine 379

   





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