NOTE.
V.
IL POEMA DI «ELETTRA».
Abbiamo veduto, divagando da idee generali ad osservazioni minime - non inutili e non contradditorie però per chi bene le osservi -, quel che è stata la preparazione sentimentale e poetica del nuovo florilegio d'annunziano.
E sconfinammo, perchè così il poeta, in Cristo ed in un problema che potrebbe essere di ontologia.
Comunque, il D'Annunzio, non si impaccia troppo nelle ontologie. Più tosto, sul ricordare e sopra l'aspettare,
«il sole declina fra i cieli e le tombe;
ovunque l'immane caligine incombe»;
vengono a lui le molte Città del silenzio, colla spessa ombria delle catedrali e l'erba spessa sul lastricato delle vie. Baedecker, più osservante di cronache e d'arti speciali, distende, nel buon sonetto impeccabile, colla poesia geografica già accolta un giorno dal Carducci, le avventure dell'età di mezzo e del quattrocento, le specialità monumentali del luogo, le vicende delli amori e delle stragi. A quando, dalle brumosità, la luce viva e sana del sole? A quando, dopo le lotte fratricide troppo a lungo funeste, l'amore grande e lucido, per ogni e qualunque uomo d'ogni e qualunque razza?
«Torbidi uomini, usciti dalle porte,
disertate le mura ove il tribunostridulo, ignaro del misterioso
numero, che governa i bei pensieri,
dispregia il culto delle Sacre Fonti!»
ma si scorda di dirvi: «per quanto fervida e ripullulante, badate, che l'acqua è tutta rossa dell'anima vostra, che in vano avete gettata all'ordine d'armati baroni e di assai lucenti arcivescovi, perchè costoro godessero del frutto delle vostre battaglie;» ma si scorda di pregarvi e di convincervi: «questa terra è vostra, completamente, e se voi volete, come ne avete il bisogno, prendetela ed usatela perchè è il vostro diritto». Vi saranno, domani, le marmoree, chiuse e spopolate città del Silenzio?
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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