Rifugge dalla scienza e sembra odiarne la aridità operante delle formule matematiche; l'erudizione lo ha immiserito; le pinacoteche, i musei, le antologie mitologiche sono le sue case, mentre la vita grande, fluttua e batte contro le mura di questi palazzi, onda immane ed irrefrenata. Egli sa di rimanere inerte e si scuote, si punge, si pizzica per provarsi che fa; egli comprende che altri sono i risultati della civiltà e delle officine, dei campi e delle scuole; ma vede il Pegaso balzare alato di sopra Siracusa e col battere del piede suscitar Cyane l'azzurra. Egli dice di essere moderno perchè, in fondo, mitografo, se dare la spiegazione delle sue figure, le quali rappresentano varii aspetti eterni, ma non giunge a trovare la divinità reale sotto la giacca ed i cenci del lavoratore o del pezzente come Paul Adam, Stirner, Tailhade e Gorki lo seppero.
Per degenerate metafore, compila un mondo; non è forte abbastanza, come lo Gide, il Laforgue ed il Rimbaud, d'aggiungere la ironia disincantata e passionale o per non credere alla sua fabrica, perchè inganna e vi si inganna; ma con troppa ingenuità presta fede ai suoi fumi di sogni e protesta d'aver agito mentre dormiva. È, o si crede d'essere, un classico, ed è la sintesi di tutte le buone cose letterarie uscite da tutte le scuole, senza per conto suo incominciarne una, ma traendosi dietro dei grotteschi imitatori. In fine si acqueta, insinuando che nulla vi ha di più nobile, che la dolce armonia della frase, che le carezze di una etera, che la rosa di Pesto ed il vino dell'Isole, pur gridando alla patria, scoliaste di dopo pranzo, quando il di più si rece o si rigurgita nella strofa del brindisi, collaudato da similitudini, per rinnovata e stramba epistemologia.
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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