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Egli qui bene sta, e noi ve lo lasciamo bene.
Non si conturba, nè ci turba per le speranze ed i fati della patria; è tornato a sè stesso; è molto più logico, molto più sincero, per quanto millantatore. Ma codesto difetto può essere anche una virtù; ed io non ho stoffa di moralista per richiamarnelo, peccando spesso di quel peccato.
È nella Tregua, nella soddisfatta pienezza del suo organismo e dei suoi desiderii. Ha combattuto ed ha vinto. Debole vittoria, davanti a quelli che si inchinarono, non per ferite, ma per lo spauracchio ed il fragore dell'arme barbariche, parata d'osteggio e tale da compiacergli nell'animo di fanciullo inquieto.
«Despota, andammo e combattemmo sempreO magnanimo Despota, concedi
al buon combattitor l'ombra del lauro,
ch'ei senta l'erba sotto ai piedi nudi.
Dagli le rive, i boschi, i prati e i monti,
i cieli ed ei sarà giovane ancora!
Eterno giovane, se per altra chimica fattura egli ritrova e distilla, come un Brown - Sequart, l'elisir di lunga vita ed il ricostituente da iniettare nella sua poesia!
A lui la Terra madre. Egli ha bisogno di ritornare, dopo li esercizii natatori e cinegetici, in grembo al greggie, nel riparo del presepe. Darà meteore di lirica senza pensiero, questo forte che plasma la creta del lessico sorridente, questo volontario di voluttà spicciole, che, passando dal mare di Athena alle Città del Silenzio, suscitatore di larve armate e risuonanti, non sdegna imbragarsi. Starà nella terra, sui prati ed intorno alli angiporti della Suburra,
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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