Chiamo in sulla pedana di questo tribunale eccezionalissimo, almeno, come mallevadore di chi mi vuol perduto, lo stesso D'Annunzio; gli spicco citazione e bando. Vedete; egli non mi risponde; sembra non desideri impacciarsi; è latitante. Bisogna costringerlo a rispondere pregiudizialmente al: «Che cosa è il verso libero?» Se vi accontentate, vi scriverà due parole fuggendo!
«Mio caro poeta(XVIII).
«Speravo di vedervi a Milano nel mio secondo soggiorno. Eravate assente ancora?
«La questione del verso libero è molto grave e molto complessa. E troppo difficile cosa trattarla in venti righe.
«Mi proverò.
«Manderò anche un gruppo di versi inediti. Ma bisogna che abbiate un poco di pazienza.
«Tornerò presto a Milano. Vi avvertirò.
«Una cordiale stretta di mano, in gran fretta, dal vostroGABRIELE D'ANNUNZIO.
Vi soddisfa? Che ne sapete più di prima? Ed io come faccio a combattere contro chi mi volta le spalle? E pure in ogni modo, D'Annunzio, per mallevare la sapienza e la rettitudine del mio giudice Onofri, deve rendere la sua risposta; e, se la sua bocca non la dice, la dovranno ripetere le sue opere, che furono sperate - colla tema che fossero marcie, come vecchie ed equivoche uova di nido - dalle lenti formidabili della critica altrui. E le domando: «Ha la coscienza d'Annunzio di quanto è verso libero? - Sà che cosa fa quando scrive quel suo verso libero? Ed il suo è un verso libero?» - Giudice Onofri non mi negherà i periti che, pur parlando bene del suo protetto, sono testi a mia difesa; i quali - non sarà la prima volta - quando saranno stati uditi, invertiranno affatto l'opinione pubblica a pro del già condannato; sì che, invocando il fatto nuovo, si dovrà rifare il dibattimento.
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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