O siamo in un'età di transizione, in cui tutto s'accetta con apparente indifferenza, ma con reale dubbio intorno a quella che dev'essere la forma della nostra poesia adeguata allo spirito nuovo? Comunque, non è la larga e pieghevole strofe dell'ultimo carme d'annunziano costruita sulla base di novenarii, variamente accentati, che salgono talora al decasillabo o al quinario doppio, e digradano nel settenario, nel senario e nel quinario; non è questa specie di melopea, la quale è uscita armata dal cervello del poeta, che accende le dispute e convoca ad armeggiare amici e avversari: sulla magnificenza e sulla felicità esteriore di questa lirica, nessun dubbio».
Eccetera, eccetera... d'accordo, mio illustre Domenico Oliva, senza volerlo perito a difesa mia preziosissimo: egli parla di novenari variamente accentati, che volgono talora al decasillabo o al quinario doppio (udite; udite! un novenario che sale al decasillabo, al quinario doppio: ma il novenario, se è novenario, ha nove sillabe; quando è salito al decasillabo non è che un decasillabo, il quale, alla sua volta, non è quinario doppio, perchè numerando qualche volta le sillabe di un quinario doppio se ne possono trovare appena nove non succedendo l'elisione tra l'ultima sillaba in vocale del primo emistichio colla prima del secondo) e degradano nel settenario, nel senario, nel quinario, egli lascia da parte l'ottonario e quelli di uno e di due e di tre e di quattro piedi, versi, non critico, e non mi parla mai di verso libero.
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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Domenico Oliva
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