Ora, questo non è compreso, sia per accento, sia per misura, sulla lista dell'Oliva, ed io m'inchino al suo giudizio: «Proclama Domenico Oliva, il saputissimo, che non v'è traccia di versi liberi nelle «Laudi» d'annunziane» Corollario: «Tutti i versi che compongono le «Laudi» sono consuetudinarii. «Ergo» vediamo in che modo siano stati fucinati».
Competentissimo in materia mi pare il nostro Borgese; usando dei diritti legittimi della difesa, che non abusano come i poteri discrezionali del giudice, lo chiamo a deporre. Venga pur qui a rispondere su quanto ben sa, sui versi della Fiaccola e della Fedra, che usciti da un medesimo forno, comportano le medesime tare.
Per connessione e per analogia di causa, tanto il bene quanto il male ch'egli ne dirà, mi pare, che si possano attribuire anche ai versi liberi delle Laudi(XX) «Sostanzialmente pensate in prosa, quantunque scritte, o, a dir meglio stampate in versi, sono tutte le tragedie dalla Fiaccola in poi. Nella Fiaccola, come nella Fedra, i settenari e gli endecasillabi sono sillabe ordinate a schiere di sette e di undici, arbitrariamente. Quasi ciaschedun verso finisce troppo tardi per il senso della prima proposizione, troppo presto per il senso della seconda. L'ultima parola sta per ragion di disciplina nel verso, quasi ansiosa di saltar nel secondo, mandando in malora la metrica e rendendo omaggio alla logica. Si prova un senso di fastidio, come quando, vestendoci in fretta, ci s'abbottona il primo bottone col secondo occhiello e si prosegue sbagliando, ed alla fine il vestito fa due goffe pieghe semiconiche, che c'imbarazzano gonfiandosi al più leggiero movimento.
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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