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      Egli è ancora nella prosodia, allo stato pre-wagneriano(46), in cui le situazioni del drama poetico erano spesso sacrificate alle esigenze del contrapunto scolastico; e perciò egli non può dire come Camille Mauclair:(XXI) «Ho sempre avuto l'istinto del verso libero: mi sembrò di botto, come il solo naturale. E fu la musica che mi spinse a scrivere dei versi ed a cercar d'ottenere, col mezzo delle sillabe, alcun poco della sua ritmica duttile e complessa».
      Nel verso libero, D'Annunzio dimora sotto la soggezione della antica disciplina. Non si è ancora persuaso che è una pura supposizione scolastica l'ammettere come undici, o sette, o cinque sillabe, accentate in dato modo formino una riga ritmica; e permane come una pura convenzionalità - portata dalla poca sensibilità dell'udito, dalla pigrizia, la quale suade a non faticare ed adotta il già giudicato dai vecchi - la credenza, che l'endecasillabo e li altri siano de' bei versi: ve ne possono essere di bellissimi, colati in puro oro, da un getto unico d'entusiasmo, di venti sillabe e... di un monosillabo. Intanto, l'endecasillabo di cui fa pompa eccessiva è il meno musicabile, chè le note lo vestono male e ne sconciano l'armonia, se pretendono di sopraporsigli. Le coblas de sirventa e de ventana, provenzali e castigliane si adattano e stanno egregiamente in uno pseudo-ottonario, che ha sette o nove sillabe a piacere, e li accenti a capriccio. Leggetemi i falsissimi - secondo le regole - ottonarii del Romancero, quale polifonia fan risuonare e come logica!


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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo
1914 pagine 379

   





Camille Mauclair D'Annunzio Romancero