La stanza, al confronto, pur quella che a Dante intonava il Casella, non č se non un organo meccanico duramente articolato».
Se non che, dopo un cibreo male impastato di stroncature, di elogi, di ironie, di commiserazioni alla critica che non ha mai veduto bene ed una incensatina, la solita e necessaria, a sč stesso, il Thovez lasciasi sfuggire il concetto principale della sua argomentazione, come per inavvertenza, e non puņ a meno di farsi sentire a lamentare: «Ma la facilitą lo perde: un ritmo libero appunto perchč libero, deve impeccabilmente reggersi nel ritmo interiore del sentimento, deve aderire ad esso in modo assoluto; nel D'Annunzio, invece, il ritmo, dopo un accordo giusto, diventa quasi sempre esterno, vive di per sč, obbliga il pensiero a diffondersi retoricamente per riempire gli schemi: ed allora ritmo e pensiero galoppano di fianco con un andare sconnesso (oh giudice Onofri ecco qui il caso topico di applicare la formola prosetta ballonzolante!) come due cavalli di una vettura che hanno rotto il passo ed aspreggiano tirelle e timone».
Non aveva gią questo osservato prima nelle Tragedie il Borgese? Non vi ho io qui aggiunte quelle altre osservazioni che mi sembrano richieste dall'assunto? Il Thovez interza egregiamente: posso io concludere?
Se, dunque leggiamo attentamente e soffermandoci in sosta alla opportunitą che richiedono riflessioni, le Laudi, con buon acume e pazienza, noi sentiamo dentro quel rumore di piena orchestra, attraverso quel barbaglio di gibigianne e quello sventolar di panni vivacissimi, sommossi al soffio di una passione spesso limosinata, la fondamentale nota della sconcordanza tra quanto il poeta vuol dire e il modo con cui vien detto, tra la miseria di un pensiero spesso d'imprestito e la magniloquenza con cui lo esprime, tra la forza di un concetto balzatogli in mente per isbaglio e la secchezza legnosa con cui lo registra.
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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