Certamente nessun libro d'annunziano. E su questa severità mostraronsi, in un tempo non troppo lontano, difficili e scrupolosi i tribunali parigini; tanto che, per citarvi una sentenza ad hoc, eccovi questa col suo caso: il 12 marzo 1827, il Tribunale correzionale della Senna giudicava esservi contrafazione nel fatto d'aver inserito, in un Manuel du Veterinaire, una lezione sur l'âge du cheval appartenente ad altro che non era l'autore di quel volumetto didattico.
Si applicava ad litteras l'esegesi del Pouillet; faceva stato l'adagio di Lamothe Le Vay, citato da Nodier: «On peut dérober à ta façon des abeilles, sans faire tort à personne; mais le vol de la fourmie, qui enlève le grain cutier, ne doit jamais être imité». Domandiamo a D'Annunzio s'egli si comporti in ape o formica: non risponderà. Per lui io: è tanto formica che fa scorta, nel proprio granajo, delle spighe piene d'altrui; e, quando nella fretta di parer dovizioso non le trebbia, ve le dà con paglia e crusca commiste, sì che subito ne accorgete la provenienza.
Ma i tempi, sotto la temperata pressione del determinismo indulgente, si fanno più miti anche coi plagiari condotti inanzi al magistrato, e qualche saputo eloquente difensore può chiamar in causa pur la Natura(56) - con l'N majuscola - la quale, per quanto possa improvvisare stampi nuovissimi ad ogni cosa, senza fatica, pur si compiace di plagiarsi in copie più interessanti dell'originale. Perchè dunque il metabolismo, legge precipua in biologia, non deve esserlo in letteratura?
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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