Egli concepisce, esteta passivo - e desidera emulare l'esteta attivo per il piacere che, non solo gli ha recato, ma recherà alli altri col far loro leggere una bella descrizione di un tramonto di maggio; - scorge solamente la bellezza di quella scena da quando se la vede davanti ben dipinta da altra mano, per cui, in riposo, epicureamente il suo godimento è grande. Come reagire? Quale il suo riflesso? Come superarne il piacere? Davanti alla visione del tramonto reale si è formato in lui il piccolo circuito, che lo ha illuminato, l'idea? No: vi fu al suo posto un gesto mecanico di memoria. La sua coltura è stata risvegliata, pagina tale, pagina tal'altra; si descrive ecc...
D'Annunzio accorre; sopra il modello lavora; fa più grande o più piccolo, a seconda di chi ha scelto a dirigerlo: poichè la trasformazione teratologica dell'energia nervosa non avvenne in lui, succedette quella più comune ed ovvia della reazione, della risposta fisica. Nell'applicare la descrizione dell'autore X... al posto assegnatole sulla pagina, è più sicuro D'Annunzio di non errare, perchè vi è guidato da un esempio scritto. Per lui non vale la formola di Bourget: «Ogni straordinaria sensibilità ha una visione particolare e personale dell'universo»; egli non può dire, come Schopenhauer: «Il mondo è un fenomeno cerebrale(62) - il mondo è la mia volontà». Si sforzò di voler pronunciare queste parole nelle Laudi, ma non le ha capite e rimase il poema un centone da materialista mentre doveva essere una fanfara di idealità; sì che non può, come Jules Laforgue, affermare che la filosofia è la negazione dell'egoismo, insegnando la bellezza della pietà; ma deve ricadere, per quante ali posticcie si metta al dorso, a magnificare sè stesso, il superuomo, l'egoismo, la negazione della pietà.
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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