Contro Spagna, in suolo ispano,
ha versato ispana manoil tuo sangue, Italia, in vano.
(O Dator del buon pentire)
nuove strade a noi disserravieni e porta in sulla terra
miglior pace, o miglior guerra.
Se morriam, pianti morremoe temuti. O Re supremo,
il tuo giorno attenderemo.
Ed allora il Croce, che vi assomiglia, Tizio, perchè crede di aver trovato il maggior poeta italiano contemporaneo in D'Annunzio, ma non ne è persuaso, e non desidera del resto che si dubiti che egli possa mai errare in un suo giudizio critico; allora, Benedetto Croce, che pur ci rende il servigio di accogliere, vengano d'ogni parte, le reminiscenze e le imitazioni d'annunziane, fa l'ingenuo e si domanda: «Perchè questa curiosa appropriazione di una poesiola del Tommaseo, la quale, con alcuni ritocchi, adatta ai morti in sulle ambe abissine»? E si risponde «Non si sa perchè»! Anche il filosofo non lo sa? Potrà darsi che lo abbia saputo io, che non son niente; se mi avete capito, nelle pagine precedenti. - Ed ho anche capito perchè il critico di La Critica non deve saperne niente: egli si era compromesso! Pag. 110, Vol. II Fasc. I, 20 Gennaio 1904, op. cit.: «Nella reggia d'arte che d'Annunzio ha costruito, e, meglio che costruito, decorato ed ornato di oggetti rari, preziosi, squisiti non manca qualche frutto di prede fortunate, trofei d'incursioni da conquistatore. Che cosa importa! Il complesso è ben suo, prodotto dal suo particolare temperamento, della sua ricca fantasia, impressovi dapertutto il suggello dell'anima sua.
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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