Degenerata, figlia di degenerata, accomodatasi alla bestialità per sadica impotenza, ella stessa straziata dalla necessaria ed atavica ragione, deliri sulla scena tra i posticci e le esumazioni di carta pesta, dettagli il suo utero rovesciato ed isterico, e sia di sè stessa, cioè creda di essere, la indimenticabile. Certo fu una speranza, ed è ben ricordarla ai creditori dell'Imaginifico; i quali si assicurano i loro capitali sui proventi della ribalta; ed è un'altra volta la banderuola di richiamo, che attesta, patullata, la facile fecondità dell'autore, oggi, che ha saputo, anche col semplice mestiere, darsi le pretese di conservarsi un letterato.
Nè tutte qui sono, tra le rifritture classiche e le briciole d'annunziane, le fonti facilmente confessabili di Fedra. Altra più limpida, più opportuna, sopra tutto più originale ed in tutto ricalcata e ritradotta letteralmente per l'occasione, è tale che la dispersiva ed ignorante gazzetteria italiana non ha ancora scoperta. Venitela a sapere con me, e cerchiamola nei: Poems and Ballads di A. C. Swinburne(XXVIII). Là troverete il motivo, non solo, ma le corrispondenti parole di furore uterino, le imprecazioni dopo il rifiuto di Ippolito, l'odio e la maledizione della ninfomane, la scena massima della tragedia d'annunziana del secondo atto, quella, che sgolata e favorita dall'esibizionismo muscolare dei glutei e dei bicipiti, dall'anatomia messa in rilievo di Gabriellino, dà pretesto alli applausi della platea e delle gallerie, fa del pifferaro d'Abruzzi, non il grande poeta della dramatica, ma il magno truffatore di poesia altrui.
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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