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      - Buona fortuna!(72) - Testè non disse l'altro angiolo custode della poesia italiana, il Pascoli, fattore di campagna, tosco-romagnolo, tra una carezza alla sua pipa di schiuma sapientemente annerita, una elegia al merlo Merlino sepolto in un vaso di fiori, un cinguettar di fringuello bene imitato: ciò, ciò, ciup! una frittatina di due uova fresche ammanitagli rusticamente da Mariù; non disse questo gran bacalare, che, in veste di fustanello alla cacciatora, cita Omero ed accende ceri al quadretto di Giosuè massone e martire confessore della Chiesa di Polenta e di Piemonte: «Di tutto io reputo capace d'Annunzio! È pittore, maestro di musica, maestro di ballo, scultore: di tutto sa!» Ed ha ragione; tutto quanto conosce, che s'impasta sotto il calco ed è carta pesta. Cioè no: mi si dice che oggi, è l'ultima parola, egli l'abbia abiurata; ed uditene il bando:
      «Un altro singolare esperimento scenico farò molto presto. Troppo ormai ci accorgiamo che sulla scena impera la carta pesta; aule di carta pesta, palazzi di carta pesta! Il giuoco delle luci non può attenuare questo tedio dell'artifizio e della simulazione, che noi sentiamo vivissimo. Ho pensato un'opera di passioni libere e forti e di pura fiamma che si svolga davanti ad altissime tende di un colore profondo. Distenderò una vastità enorme intorno agl'interpreti; essi si muoveranno davanti ad uno scenario di un colore solo, alto quattordici o quindici metri...» La prosa è asmatica; la citazione è lunga: abbrevio(73).
      Questo singolare esperimento scenico, che egli ha inventato, se non è quello di cui usava Shakespeare al Globe di Londra, è pur l'altro recentissimo che la compagnia dramatica di Düsseldorf ha saggiato, con grandissimo successo, saranno poche settimane or sono, a Parigi, al Teâthre Marigny, con Lugné Pöe per venti sere.


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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo
1914 pagine 379

   





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