..... il polso è pesante alle mie vene maritate; mi batte dentro tutto il volto; voglio morire sbramata completamente di te; il mio corpo è vuoto di piacere; io ne morrò; sono rovente di amore sin dentro le ossa: tu non partirai; ho il cuore malato; le mie pupille feriscono i miei occhi; ma tu non mangerai, nè beverai, nè dormirai, nè dirai più parola, prima di avermi uccisa.
Quale magia di parole roventi, quale incalzar di passione qui; quale timido e convulso e convesso e concavo secentismo barocco in D'Annunzio!
Donde l'Ippolito di lui ordina:
Non t'accostare a me, tu che ti strisciobliqua come la pantera doma
e che può mordere:
e l'altro semplice e composto, in un gesto sobrio di attico bassorilievo:
Che costei non pianga, non s'avvicini a me,
dico al Coro.
Ma Fedra, di molti padri e di D'Annunzio, lo riconoscetu sei come quel dio,
e come lui chiomatoe imberbe.
Similmente, l'altra di un padre solo, Swinburne:
tu sei muscoloso come sono li deicoi tuoi capelli chiari.
E quella gli si offre:
. . . . . . . . . . . . . e più
profondamente maculata io sonodella belva odorante,
maculata di macchie,
costellata di stelleindelebili, o tu che sei sì terso:
perchè dentro mi stanno, più antichidi me, la colpa e la divinità,
l'onta e la gloria.
E l'altraQuesto mio corpo val bene una pelle di bestia selvaggia od un vello, ed è più maculato di una pantera neonata;
mentre un falso Ippolito prega ancora
. . . . . . . . . . . . . Lasciami.
Lascia ch'io parta, ch'io non oda più
il tuo grido insensato,
che più non mi contamini del tuo
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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