) ed ogni diverso atteggiamento deve recar l'atto di nascita, colla prova vidimata d'un paternità leggittima e regolare». Precisamente: la vita di un poeta deve essere il documento storico della propria opera; deve attestarla. Aspetto dunque D'Annunzio alla Trappa: se gli gioverà, sarà frate irrequieto: noi notiamo che può giungere la sua sincerità anche a questo dopo aver bestemiato Cristo nelle Laudi. Ma non io lo imputerò di contradizione: si contradirebbe il dì che fosse sincero. «O rinnovarsi o morire» la formola gli dà il diritto di far il dilettante, su tutto e per tutto e di non credere nemmeno a sè stesso: per provarcelo dovrebbe scomparire. Ma tò che le bugie hanno le gambe corte, e se non la sa, dirò io al Janni la ragione per cui il D'Annunzio si è convertito, oltre all'altra da lui accennata ironicamente: «Qualcuno si è spinto ad accusare lo scrittore di aver, fiutando il passaggio della moda, dato un tuffo nella letteratura spiritualista, perchè, oggi, la prosa sollevata da un lievito di inquietudine religiosa è divenuta un buon «articolo» nel commercio librario.» Sì: il buon Pescarese, si sente approssimare a Cristo ed al cattolicesimo alla morte di Giovanni Pascoli e di Adolfo Bermond, perchè Maurice Barrès, l'antipaticissimo genialoide verde di bile e pallido di sussiego; il quale testò vociò l'inutile requisitoria postuma contro Rousseau, si era già convertito per la morte di Demange. È fatale, come il poeta italiano giunga sempre buon secondo nelle parole e nelle gesta.
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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