Ma non appena seduto a mensa, quella specie di nebbia, da cui sembravano alterate le linee normali del suo volto, si dissipava, ed egli, che aveva fin lì rivissuta l'età omerica a tavolino, sapeva riviverla anche a tavola, divorando le sue costolette di vitello con lo stesso formidabile appetito con cui divorava Aiace i pingui capretti nei pasti, lungo il risonante mare.
«Terminato il pranzo si passava in una sala detta della musica, dove si faceva un po' di conversazione, distesi su un ampio divano coperto di cuscini: e in quella comoda giacitura, egli stanco del lavoro, io dei giuochi, si finiva a poco a poco con l'addormentarci. Riaprendo gli occhi dopo un poco, ridevamo d'esserci assopiti e ridestati nello stesso tempo e di ritrovarci, l'uno di contro all'altro sul divano, nella medesima posizione. Poi, mi congedavo dall'Ospite con un abbraccio, e salivo a continuare il sonno nella mia stanza. L'Ospite rientrava lentamente nello studio, per rimanervi a vegliare fina all'alba su le sue carte». - Vi è da fare una piccola osservazione d'ordine interno, famigliare; è curioso come un figlio non nomini mai suo padre col proprio e caro nome di padre: voi vi incontrate sempre nell'Ospite, naturalmente, coll'O maiuscola. - Che il poeta si sia trovato benissimo alla Capponcina non dubitiamo; oggi fuoruscito insabbiato vi ritorna col pensiero ed il ricordo: rammenta cani e cavalli, il suo animale amore per la venaria donde si comprendono molte strofe delle Laudi; a commento delle quali posso mettervi questo brano di sua prosa tolto dal Proemio della Vita di Cola da Rienzo, Treves 1913.
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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