Dunque: o il D'Annunzio è un Decadente - od è un Primitivo: io dirò che è un invertito vecchiardo che balbetta come un fanciullino enormi cose, che non sa, ma che presente confusamente, tremando di paura. - Così il Croce si condanna da sè quando enumera le doti d'annunziane «il suo rigoglio ed esuberanza fisiologica giovanile» pag. 10 - «non può essere un fermento di vita interiore che, a dir vero, non c'è». Il che significa che in D'Annunzio manca la coscienza dell'atto novatore, e che quindi sono le parole giovani che fanno il suo animo giovane, secondo il William James; mentre per noi, che ragioniamo, sono sempre e staranno sempre parole prive di contenuto nè giovane, nè vecchio. La dilettazione, poi, proprio di aficionado alle corridas e di spettatore di lotte gladiatorie ch'egli mostrò per li spettacoli patologici e crudeli, dimostra la sua inversione. - E ribatte per darmi ragione e per dar torto a lui, il Croce: Fasc. II. pag. 89: «E se domani il D. A. in un'altra momentanea disposizione di fantasia, esalterà Cristo o carezzerà delicatamente la Vergine del Dolore, anche in quel caso nulla d'essenziale a mio credere si sarà cangiato nella sua arte». Certo: perchè la sua arte è forma e non contenuto, e, per il D'Annunzio, basta il ritmo a fare il verso. - Sicchè, torna a dire il Croce pag. 91 «Il D. A. ha costruito qua e là muri ed archi, ma indarno si sforza a dar compimento ed unità all'edifizio, volgendovi sopra una cupola, pag. 92. E dinanzi alle complicazioni più ardenti e malefiche delle bestie umane, come dinanzi alle manifestazioni più ideali dell'uomo, egli sembra dire, guardando e riguardando fiso: «Tutto ciò è ben nuovo e misterioso!
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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