- Il Borgese allargò il concetto della sensualità naturalistica del D'Annunzio nel concetto di un vero e proprio panismo, e mise la poesia del D'Annunzio in relazione con quella dei cantori del rinnovato umanesimo europeo: i lirici dell'età di Wordsworth, Goethe, Foscolo, Carducci. Per contrario, Benedetto Croce umiliò la tesi del naturalismo erotico dello Scarfoglio, e, dunque, ancora più, quella del panismo Borgesiano; e dette una definizione del temperamento del D'Annunzio a base di semplice sensualità; esprimendo sensualità, per lui, quella verginità percettiva, quella facoltà di guardare il mondo con occhi mattutini, che nessuno disconosce al D'Annunzio, non meno che le qualità negative del suo egoismo quasi animale, e della sua totale indifferenza rispetto ai problemi dell'intelletto e della carità.
«A questo punto, bisogna inserire, cronologicamente, il libro del Gargiulo, poichè, sebbene esca oggi, fu composto, come l'autore avverte, avanti la pubblicazione del volume nel quale, nel 1909, G. A. Borgese concluse le sue sparse fatiche intorno alla poesia dannunziana, limitando la sua prima interpretazione panica con un parziale accettamento del sensualismo crociano».
- Per conto mio, aggiungerò che le critiche del Croce, del Borgese e del Gargiulo sono le migliori apparse sull'argomento sino ad ora, e veramente degne di attenzione e di studii, per chi voglia interessarsi del caso D'Annunzio. Se non che quella del Croce, ha, a parer mio, il difetto d'origine d'uscire dal metodo semplicemente estetico desactiano, il quale si ferma alla forma e poco ragiona della sostanza, accontentandosi di trovare nell'artista li elementi per far un bello con cui diverta senza richiedergli il «come procedi?
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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