Per ciò il termine di paragone, su cui saggia l'opera, è il gusto del pubblico, cioè l'appetito della Magna Bestia. Si capisce, dunque: per far divertire il pubblico, che paga, si allenano li istrioni; e vi fu un tempo che anche Carducci si acconciò a quelle pratiche: ma allora si crescono i D'Annunzio e si diminuiscono i Dossi come improprii a solleticare la follaccia. Quando si rivedranno invece, come incominciò a rivederli il Verso Libero codesti valori letterarii, dovremo accorgerci che l'ideale, sempre inteso come sincerità, forza e grandezza, assente dall'opera dannunziana, la manderà in discredito, sì da metterla al sesso ed alla coda, dove sta bene, della letteratura contemporanea.
(24) In quel tempo Melchior de Voguè, giudicò: Sperelli; «ce suprème dilettante» in La Renaissance latine, (Revue des deux Mondes, I Jam. 1895), senza accorgersi di burlare e burlarsi. Sul serio, «ce suprème dilettante?» E D'Annunzio, suo padre, allora - a cui imputa, - è una vera imputazione formulata in questo senso, illustrissimo signor visconte, una ragguardevole parte in questo rinascere, - che cosa potrà mai essere? Impronta Roma chiedeva, Bisanzio le han dato: perciò sono Le Cronache Bizantine, rivista dei poeti e delle cocottes, editore Sommaruga ma complici tutti, dal D'Annunzio allo Scarfoglio; e, vedi un po', anche Carducci: il quale aveva cercato, invece di Bisanzio, Roma, in vano. Ma, giudicare? facilissime parole!
(25) Thamos, pilota egizio e allucinato, nelle pigrizie dell'acque morte di bonaccia e di nebbie, in sull'Egeo, dalla liburna bruna, accolse una voce menzognera e volle spargerla al mondo romano:
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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