122 - Si può, da qui, dedurre facilmente il dolo specifico ed operante del plagio; ne discorreremo, con più agio, altrove. «D'Annunzio non legge e non studia per amor dello studio; che, se improvvisamente venisse a mancargli la frenesia creatrice, gli si estinguerebbe di colpo anche la pazienza e l'attenzione necessaria a percorrere un volume. La sua cultura è un arsenale d'arnesi del mestiere, visibile, palpabile, calcolabile, numerabile di primo acchito, come un fondo di cassa, in metallo sonante» Pag. 123 - Egli assorbe come spugna ciò che gli è in altri simpatico, che gli si addice; rifiuta le espressioni e le idee idiosincratiche col suo temperamento. «Perfino Platone, nelle Vergini delle Roccie è d'annunzianamente truccato. Questo metodo tirannico ed usurajo di lettura non toglie pregio come pretendono gli esploratori di fonti ed Enrico Thovez, fra loro, che è senza dubbio il più diligente ed acuto all'opera, ma spoglia di ogni serietà la coltura del D'Annunzio». - Pag. 125 - Quando a non diminuirgli l'opera vedremo; certo è che essa, imprestando da Tolstoi, Dante, Baudelaire, Maeterlinck, Verlaine, Tomaseo, Swinburne e da mille altri, rimpicciolisce il loro concetto severo, sereno e sincero, nella carezza meretricia, lusinga d'annunziana. Fate di ciò le proporzioni, anticipando quelle che farò io pure un po' più avanti.
(28) Andrè Gide, Les Nourritures terrestres, Mercure de France, Paris 1897. In esse è Natanaël filosofo neo-nietzschiano che fa il giro del mondo colla sua sensibilità; egli può dire, come l'altro suo fratello del Voyage d'Urien: «Vivere?
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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