- Questa parte delle Laudi d'annunziane poi, che vuol essere presente anche alla Rivoluzione, non è per garbo e per forza dissimile da un certo Frammento di Poema, Remo Sandron 1912 - che il suo autore, il signor Guido Verona, oggi da Verona, vuol che sia Civile. Incivile, sì. L'ho incontrato tra i piedi nelle mie funzioni di recensionista letterario della Italia del Popolo e lo spiegai un Martedì 15 luglio 1902 a' miei lettori di allora. Riportandone le conclusioni, mi sembra che si addicano anche a quelle, che, per avventura, si possano dedurre da quando: «Manie, Manie silenziose, - erranti nell'inferno» incominciano le lasse che arieggiano un canto civile, sia che passate per il trivio, le città terribili, il profeta caprofago, i venti fratelli, le vie romane, si arruotino in fine, nella ruota dell'ira, di cui l'Imaginifico estrae la sua Volontà risplendente, che urla, in faccia ai fratelli - questa razza di democrazia, quella tale che cantò dalla Canzone di Garibaldi!
«Taci,..... bestiada macello e da soma!
Porta su la tua schiena il pesodi colui che ti doma,
e, poi, senza gemito spirasotto il coltello tagliente.
Silenzio! Silenzio! Sol degno
è che parli innanzi alla nottechi sforza il Mondo
a esistere e magnificatol'afferma nelle sue lotte
e l'esalta su la sua lira.
Taci tu, cosa da mercato,
ingombro gemebondo!»
Quanta grazia magnanima per il popolo, non è vero, avvocato Gasparotto, che scioglieste l'inno al battezzatore della Università popolare milanese, ritornato all'abbraccio fraterno delli umili!
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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