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      Egli venne edotto di lui, forse, dalla Vita che Messer Aretino gli scrisse, non da quella di Renan; sì che lo vide feticcio, ed idoletto, come li altri iddii del politeista si annunciano non Dio come la fede crea. Del Galileo D'Annunzio non accolse che la superficie; come tutto è in superficie presso di lui, forma: se Cristo gli è sfavorevole, lo ingiuria. Infatti non lo sostenne nel Trionfo della Morte e nell'Innocente, non lo sosterrà nel San Sebastiano e nella postrema Contemplazione della Morte; ed il suo ascetismo è, in ogni luogo, di parata. In Cristo D'Annunzio non comprende mai l'umana promessa di Gesù, il magnifico martirio operante della Crocifissione; l'essoterica evangelica, la poesia vissuta dal Nazareno furono sempre per lui lettera morta; perchè il cantore delle Laudi fu un aristocratico all'inversa: magnificando i bisogni e li appetiti del ventre e dell'inguinaja, che sono i più appariscenti, non si accorse che si accumunava alla folla; deprimendo e spregiando i sogni dell'intelligenza e le rinuncie del sacrificio, ci fece comprendere che non ha mai saputo la bellezza insuperabile del pensiero, l'unico Ente che possa veramente creare il Verbo. In questa disconoscenza gli fu partecipe Carducci, fuorviato dalla sua scienza imparaticcia, dal suo positivismo naturalista: l'epoca portava e l'uno e l'altro a questa esclusione, che limita l'umanità. Oggi, io posso dire che un versetto del Vangelo ed una formola chimica hanno, rispetto alla verità, il medesimo valore; e che l'uomo è in aumento, perchè può avvantaggiarsi in sulle vie della conoscenza e di questa e di quella.


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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo
1914 pagine 379

   





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