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      Le Vase si racchiude dalla pagina 115 alla 119: con molti minori versi e parole dice assai più dell'Otre che si distende in lungo ed in largo, sopra le sue quartine arcaiche, dalla pagina 391 alla 403. Ti ho dato queste precise informazioni nel caso che tu volessi collazionare le due liriche l'una sull'altra; non dimenticarti intanto che Le Vase è già vecchio del secolo scorso e potrei anche dire con ingenua malizia: post hoc, ergo propter hoc; se mi pretendessi uno scolastico alla Scoto.
      (40) È qui che canta, chiaramente, i proprii appetiti, la propria bestialità matta, direbbe Dante nel senso teologico, Claudio Cantelmo; è qui che si sgola: «Adunare la più pura essenza del mio spirito a riprodurre la più profonda visione del mio universo, in una sola e suprema opera d'arte». Perciò il Borgese accorge subito la panica disordinata, il Croce, l'insaziata lussuria. E proprio al Borgese sfuggono queste frasi, che egli crede siano di lode; ma tanto bene ha compreso - questa una vera lode - il soggetto, che, senza volerlo, condannano: «Vivere e vincere significa per lui abolire l'umanità, trasgredire, senza rimorso i divieti, sopprimere la coscienza, eliminare i dissidii, profondarsi nella natura primogenia» - pag. 75 - «Tutta la vita dello spirito l'offende acerbamente come un peccato contro natura, e nel divinizzare l'arbitrio, ch'egli chiama legge, di quella, ch'egli chiama natura, l'impeto dal suo canto raggiunge il sublime». - pag. 96 - Per ciò è qui un anticristiano, confondendo, da ingenuo e da perverso, Cristo con spirito, Gesù con pensiero, ignaro di tutto quanto è filosofia anche antichissima egli, che mostra di sapere il greco, sbaglia un'altra volta: per cui può ripetere il Borgese: «La vittoria dello spirito (soggiungo io d'annunziano) è dunque nel suicidio dello spirito; e purità è sinonimo (nelle Laudi) di bestialità» - pag.


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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo
1914 pagine 379

   





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