Angelo Cattò, per caso ajo de' figliuoli di Carlo Dossi, nella evenienza di sua morte. Colui, come richiedeva il suo abito professorale e di fiducia, si trovò in dovere di recitargli sul feretro il necrologio, ch'io in parte gli dettai, perchè ignorantissimo dell'opera e del carattere dossiano, appresi la prima volta da me. Declamò il discorso e lo stampò: potete leggerlo in due edizioni: La prima: Corriere del Mattino, Como - 27 Novembre 1910, porta chiaro: «.... Gian Pietro Lucini, erede quest'ultimo designato di tutta l'opera letteraria Dossiana:» e lo scrisse il Cattò perchè ne vide li autentici documenti: la seconda: elimina a fatto il periodo che mi riguarda, ma non annulla il mio diritto e dovere, se pur lo voglia tacere per il pubblico, di cui non mi importa, nell'Elogio funebre portato dall'In Memoriam - che è il centone con terzaruoli alle gabbie mal industriato di sulle Note Azzurre dossiane dalla vedova - stampato dai Treves nel 1912. Quanta irriverenza! Qui «Gian Pietro Lucini ne scrive» semplicemente: già, fa il resecontista, come un Renato Simoni orecchiante di curiosità dossiane mal riportate, per cura del Corriere, cuoco o sotto cuoco di redazione! Non insisto: il bisogno è tristissimo consigliere, fa negar la verità meridiana a chi profitta della mezza notte. Ma, osserverò anche qui come per l'Onofri: non bisogna mai smentirsi; non è mai necessario dir la bugia. Forse perchè mi ha in questi casi nuociuto? Mai più: mi giovò e tanto che mi ha dato il pretesto di questa nota collettiva, nello scriver la quale mi sono divertito: e mi diverto ancora cercando la bella chiusa; l'ho trovata: ma dicano tutti e due quello che vogliono: ambo non sono cavalieri?
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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