Osservazione: «Ma non vedete che anche oggi, dopo che il così detto maggior poeta italiano usò del verso libero, questa forma è tuttora contrastata? Ciò significa che: o il D'Annunzio non è il maggior poeta italiano, o che il suo verso libero non è il vero verso libero, o che, pur esistendo un grande poeta che canti in versi liberi, li Italiani non l'hanno ancora riconosciuto. Non vi pare?
(47) Paul Claudel, La Nouvelle Revue Française, 1 octobre 1912. «Il principio della rima interna, dell'accordo dominante, stabilito da Pascal, è sviluppato ora con una ricchezza di modulazioni e di risoluzioni incomparabile. Colui, che una volta subì la fattura di Rimbaud, non è più capace di sottrarsene, come non può scongiurare l'incanto di una frase di Wagner. Lo stesso cammino del pensiero procede non più per sviluppi logici, ma, come nel cervello di un musicista, per disegni melodici; che, se si dovessero considerare in rapporto a note da inscriversi, si avrebbero da raccogliere importanti osservazioni».
Per ciò non sarà certo a D'Annunzio, che, per esempio, Mistral potrà inviare l'elogio che già scrisse a Paul Fort: «Caro grande Poeta: comprendo che dopo i sette ed otto secoli, che hanno logorato le formule ritmiche e rimiche della poesia francese, voi ne sentiate la sazietà, come davanti a rime frequentissimamente impiegate, e che la vostra libera idea abbia cercato, liberamente, una forma nuova, ben più vasta e sotto il vostro esclusivo dominio».
Per l'Abruzzese, anche la forma nuova, qualora sia stato capace di produrla, diventa dispotica sul proprio creatore, ed, uscita da lui, gli si fa padrona.
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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