Dei plagi di D'Annunzio, benchè in Francia Léon Daudet facesse un baccano d'inferno, all'estero non ne arrivò che l'eco; perchè gli articoli di Thovez venivano compendiati ma non tradotti; e il D'Annunzio, prevedendo la burrasca ne aveva eliminati i principali nelle traduzioni. Si dice pure che quell'accuse di plagii servirono meglio per la réclame all'opere future del mirabile traduttore artefice, ma, con buona pace, anche questo, non è vero.»
(53) In sui primi di quest'anno, - 1913 - il deputato Hesse presentava alla Camera francese un progetto di legge per garantire, alli artisti viventi ed ai loro eredi per 50 anni dopo la morte, un beneficio del 2% su ciascuna vendita pubblica di ogni opera d'arte firmata dal proprio autore. Il progetto è ora allo studio di una Commissione dell'Istruzione Pubblica ed è in massima ben accolto, ed approvato in linea generale. Al proposito il Temps indisse un'inchiesta: giova qui riferir un brano della risposta del letterato ed architetto Frantz Jourdain, presidente del Sindacato della Stampa Artistica, col quale avvalora le mie opinioni in tema di proprietà artistica e letteraria.
«Io mi stupisco che un diritto così legittimo come il diritto d'autore nel caso possa trovare chi lo contesti. È vero che il Codice non distingue tra gli oggetti mobili, e che un'opera d'arte è perciò soggetta alle stesse norme di un abito smesso che si cede al robivecchio. Tuttavia, se vi è una proprietà che meriti rispetto, è proprio quella in cui si esprime il genio di un uomo.
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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