Sì, lo confesso, fui mosso da un solo puerile impulso: dallo sdegno che in me suscitava lo spettacolo di un uomo che vendeva come merce propria ciò che sottraeva con infaticabile mano dalle tasche altrui; mi pareva che non fosse lecito tradurre non una, ma due tre, quattro novelle del Maupassant e vestirle di stracci abruzzesi; che non fosse onesto lucidare centinaja e centinaja di immagini, di pensieri, di sentimenti altrui e farsene bello come di invenzioni profonde; che non fosse opera d'arte ritagliare diligentemente e freddamente migliaia di frasi francesi (comprese le traduzioni dal tedesco e dall'inglese) e comporne un intarsio che voleva riuscire un monumento di pura italianità. Ma, oggi, ho aperto gli occhi e riconosciuto il mio errore. Per vero dire non li ho aperti da me; me li ha aperti la critica; la quale mi ha ammonito che quelle copiature, in fondo, riescono «una nuova conferma dell'invadente personalità artistica di lui». Pag. 193, 194. - Non è qui, a mio parere, che ha torto il Thovez, sì bene quando si mette in mente di essere un grande poeta, perchè, in gioventù, ha ricomposto un suo verso nuovo da due ottonari, se non isbaglio, che suonavano barbaramente insieme. Carducci non deve essersi accorto della grande innovazione: per ciò non fu più d'allora nelle grazie del critico. Poi, gli sembrò sia stata una mossa sfortunata l'interessarsi più addentro dei plagi d'annunziani; crede gli abbia valso, non solo l'indifferenza, ma l'astiosità del pubblico messo contro di lui in cattivo umore per rivalerglisi; ma si deve persuadere che ciò non è. La critica del Thovez è sottile, ma non profonda; dà delle ragioni di fatto, ma non di anima; è ancora nominalista; per di più non è integrata da un'opera d'imaginazione nè copiosa, nè eccellente; perciò - perchè non errano sempre pubblico e critica - egli non è prosperato là dove credeva di giungere.
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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Maupassant Thovez Thovez
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