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      » No; Benedetto Croce è troppo attivo e sollecito difensore, nel suo studio, sul D'Annunzio, - La Critica, anno II, pag. 1-28-15-110. Il D'Annunzio non è un ricco che fa debiti e no li paga, sicuro che nessuno dubiterà mai ch'egli sia in grado di pagarli: egli è letterariamente ed economicamente un debitore moroso, che bisogna perseguitar di carta bollata per rendere all'obbligo suo. Ed il vantato tono proprio ed originale dell'opera d'annunziana sì, esiste, ma nel plagio: il plagio è l'indice distintivo della sua letteratura; da qui noi lo riconosciamo. L'idealismo hegeliano, applicato alla critica d'arte, è pur misericordioso: l'appropriazione indebita diventa l'atto di una virtù esuberante, di una invadente personalità artistica. In nome del grande filosofo tedesco, è dunque doveroso spalancar le carceri ai tagliaborse ed ai minuti pick pockets, con indenizzo e regalie; si apre un orizzonte nuovo al diritto penale ed alle attività poco scrupolose:... e poi codesti critici così indulgenti, ma borghesi, all'ora buona vorranno ghigliottinare i nuovi Bonnot; oh, coerenza! Non ho la dote precipua del Don Ferrante manzoniano, cui Benedetto Croce rispetta.
      (65) Borgese: «.... nell'enorme maggioranza dei casi ha concepita l'opera sua marginalmente ed interlinearmente ai libri letti.... Poi chè D'Annunzio ha saccheggiato indifferentemente i poeti più opposti e le ispirazioni più contradittorie, vale a dire che la sua violenta personalità li ha tutti quanti falsificati e corrosi». Dopo ciò il Borgese può anche sostenere l'originalità d'annunziana, ma è tale originalità che saccheggia, falsifica e corrode, vale a dire che impiega materiali ideologici ed anche formali magnifici d'altrui, per dar loro il proprio timbro più basso, più imperfetto, più brutto.


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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo
1914 pagine 379

   





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