- In fatti Ildebrando da Parma, il Pizzetti, non ci ha voluto dire che come la Francesca da Rimini - quest'altra recita da marionette scritta in sessanta notti di lavoro, ed in quattromila versi per commentare e rimpicciolire il significato universale di quelle poche e semplici terzine del V canto dall'Inferno - il Pizzetti non ha voluto confessarci che darà, o sta accordando, la sua maestria alla bisogna? Ci istruisce e ci fa lieti nel medesimo tempo proprio gratuitamente e noi gli dobbiamo riconoscenza:
«Io credo che finora nessuno abbia rivelato ciò che forma il più alto e il più nuovo carattere della Fedra d'annunziana: la fusione dell'epopea e del dramma. Il primo e il terzo atto sono vere e proprie rappresentazioni epiche, nelle quali l'elemento narrativo è drammatizzato in una maniera inattesa. È difficile immaginare un preludio più grandioso di quello che danno alla tragedia le lamentazioni delle sette Madri: il bisogno della musica qui è manifesto, è imperioso. Con tutti i mezzi della parola il poeta ha cercato qui di formare intorno al coro quell'atmosfera musicale che sola può ingrandire a dismisura i personaggi e i loro gesti; le apparizioni epiche, accompagnate dal più energico ritmo che mai abbia risuonato sulla scena, dal ritmo elementare del fuoco veramente, come negli episodi di Capaneo e di Evadne, servono a infondere negli interlocutori un respiro sovrumano. Questo ufficio ora sarà commesso alla musica, che ha il potere di esercitare senza limiti. La musica della Fedra sarà costruita unicamente sui modi greci, come del resto tutta la musica che son venuto scrivendo negli ultimi tre anni.
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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