Oltre alla euritmia dei movimenti sperò Asta Nielsen ha due tesori che la natura le ha prodigato e che essa prodiga al pubblico con incomparabile grazia: la faccia e le mani. E s'adatta al cinematografo anche in questo; che la sua bellezza, la bellezza della faccia scarna e delle mani lunghe e sottili, è ora di gran moda per il pubblico dei cinematografi, cioè per il gran pubblico, mentre per gli esteti è già vecchia di dieci anni e non va più. Che abbiano la maschera di Asta Nielsen io non conosco che tre donne: La Duse, Irma Gramatica e la Nielsen. Pensateci bene, e vedrete che è in fondo la stessa cosa. La faccia è stata magnificata in letteratura dai decadenti francesi e da Ibsen: Gabriele d'Annunzio l'ha imbellettata all'italiana scoprendo il ricordo classico: la Medusa del Museo delle Terme. È dunque per gli itallani la faccia della donna del periodo, chiamiamolo meduseo, della letteratura dannunziana. Luigi Lucatelli giorni fa notava che oggi la donna fatale deve avere gli occhi verdi. Lo assicurava discorrendo di un volume di novelle dell'Ojetti. Ed è una osservazione profonda e giustissima: la medusea è morta. E aveva gli occhi neri. Ma vive al cinematografo. La moda delle faccie femminili non si spande con tanta rapidità quanto la moda dei cappelli femminili. Ora le facce del D'Annunzio di una volta, di Bartholommè, di Bistolfi, di Balestrieri pel pubblico dei cinematografi sono l'ultima trovata.
La faccia delle meduse era dolorosa; sembrava che il destino le avesse tormentate nella morsa del dolore o della passione e che di questo tormento fosse rimasto loro qualcosa sul volto; una faccia fatta d'angoli spasmodici e d'ombre.
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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