Comunque, mentre con Ragusa Moleti, che volle fare a suo tempo il boia dei simbolisti e mandò alla Salpetrière, da Baudelaire a Paul Fort, tutti i poeti francesi di quella Plejade, colla giunta del D'Annunzio, oggi, ne fa il rosicchiatore e scrive lunghe esegesi su quella sua epopea. Anche un giovanetto, Mario Pelorini sfoga la sua ammirazione in un libercolo: Il cantore delle gesta d'Oltremare, dove la sua ingenuità non gli fa torto, ma mi fa ridere. Dice tra l'altro il suo feticismo che: «D'Annunzio è il più grande patriota che l'Italia possa vantare; che è il suo cantore civile;... che è l'uomo, quel solo, che può e sa interpretare tutto il moto di rinascita ed ardore di sua gente;... che è il vate, il quale, colla sua strofa, infonde nuova vita e dischiude nuove menti...» Balle! è il Padreterno della Menzogna.
Non è meno proporzionata la critica francese, che soavemente canta e dà il ritmo dal Temps: udiamone un sunto giornalistico:
«La spedizione di Tripoli - scrive il Temps - permette all'Italia di conquistare una provincia e di ritrovare il suo poeta. Gabriele D'Annunzio ha celebrato in terzine vibranti, entusiastiche, in una lingua lirica e colorata, con immagini splendide, il risveglio e lo slancio della Vittoria latina verso quelle rive africane su cui un tempo si librò trionfalmente.
«A quindici giorni di intervallo, egli ha dato al Corriere della Sera due canzoni di lunga lena e di un bel soffio lirico. Dal lirismo di quelle strofe si può misurare l'emozione e la gioia bellicosa del popolo italiano.
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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