«Sta per morire Pascoli: un buon poeta che i soliti discepoli hanno ucciso prima della morte: l'ultimo dei trovatori provenzaleggianti, stirpe di Aleardi, riveduto sul Kapital di Carlo Max e sulla ignoranza contadina di Pio X. Un ottimo galantuomo, che non avrebbe dovuto appetire alla rinomea estemporanea per nascondere le sue mende artistiche: ricomposto nella storia, il tempo vaglierà l'opera sua: ne serberà due o tre liriche. - Pascoli non ha compreso il suo tempo: la sua georgica è veramente arcadica: ha insultato due volte la patria quando l'ha nominata grande proletaria, quando ha inventato il soldatino. E però li imbecilli diurnalisti, veri asini, al tatto ed al profumo, accolsero le due ingiurie gratuite come due elogi. La successione è dunque aperta ad una catedra già occupata da Carducci, ad un canonicato di lirica, che trova per sfogativo la casa editrice Zanichelli e Comp. Vi appetirà Guido Gozzano il più vero e maggiore suo lustrascarpe. Dal Gozzano al Palazzeschi, costui maggior del primo, mirate a postillare la serie dei pascoliani i ciuffetti poetici delle rape e delle carote rachitiche, che li orticoltori della malaria, della pellagra e delle menzogne retoriche han seminato per l'Italia. È necessario sconvolgere la pigrizia della patria esausta in superficie; dare alla luce del sole li strati ipogei freschi e vergini dell'humos, perchè li fecondi: è necessario rivoluzionare catastroficamente, perchè la gangrena si arresti e pel domani sia assicurata più nobile e grande vita all'uomo, alla società, all'arte».
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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