Così, oggi, mando il tutto alla grande sorella Mariù del grande estinto, perchè mi saetti contro, con elegante isterismo, mentre continua a mandar a male la fama del suo amatissimo, col ricercarne utili inediti, per arricchirne il poverissimo e disgraziato volume: Poesie Varie, postume. Io desidererei vedermela armata di altre citazioni latine scaraventarmi contro il suo disprezzo, essendo del parere completo del buon Gesuita che sulla Unità Cattolica credette più tosto essere severo contro Pascoli, che traditore della letteratura italiana: e con lui ripeto: «Il povero Pascoli era già inoltrato sulla china di una deplorabilissima decadenza, una specie di vero e proprio rimbambimento letterario, sia per le malattie che lo affliggevano, sia per la mania dello sdilinquersi per ogni nonnulla, sia per la intensificazione morbosa dei suoi sogni fanciulleschi di pace universale e di umana fratellanza evanescente. Forse la morte l'ha salvato dall'ultimo precipizio, dalla Totale caricatura di sè stesso».
Mariù può rispondermi: «Peccato che la morte non abbia salvato Lei da un così basso e gesuitico sfogo», senza aggiungere il distico noto:
«O vos, qui cum Jesus itis,
ne eatis cum jesuitis».
Ma ella deve convincersi come il maggior nemico della fama del proprio fratello si trovi nel suo eccesso di zelo, che, coll'insistere e magnificare, muta i diritti e simpatici connotati del poeta di Barga in una grottesca figura tra il frate zoccolante, l'umanitarista parolajo, il maestrino di scuola, il postulante alle grazie sabaudine.
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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