Essa fa troppo, oggi, per lui, e, come le altre vedove o figlie superstiti che fanno niente, continua a ridurre la misura pascoliana in piccolo. Giovanni Pascoli ha meritato meglio di questa erede: esso si fa tuttora vedere quel poeta originale che disse altre e migliori parole sull'uomo ed il sentimento umano, quali Giosuè Carducci, ed il D'Annunzio, non seppero; e perciò solo, come voce semplice di universalità, risponderà in noi con perenne simpatia, sì che tra i molti corsi a laudarlo, richiesto Massimo Gorki operaio da operai ad insemprarlo, lo attestò spontanea efficenza di popolo, perchè solo il popolo è la poesia e la immortalità. Sono anch'io con lui, dopo di essermi trovato bene in compagnia del Gesuita: mirabili compiacenze della contradittorietà! - Vede, signorina Mariù, ci sono dunque ancora, ed anche in Italia, dei coraggiosi spregiudicati che non hanno paura di andar contro-corrente, per quanto questa, volgendo a mare, dia alla ruota il movimento che macina grano di letteratura per palanche al commercio della medesima. Ma in questi bassi tempi tristi e turbolenti l'eccedere nel biasimo è una virtù. E dove virtù ritrovo spiego senz'altro.
Fra Enotrio Ladenarda, che non ha potuto sopportare il suggello mirifico carducciano, torna a ridere in faccia al Pascoli. Non importa ch'egli appaja un furioso; è bene ch'egli sia qualche volta ingiusto; ma, demolendo tutto, ha reso possibile vagliare anche il tutto a staccio di maglie sottili e critiche. Poco vi passerà oltre di lucid'oro: sarà quel tanto necessario per attestar Giovanni Pascoli maggiore di D'Annunzio, non per vederlo intento, colle sue proprie mani, guidate da feminili criterii, a distruggere il buono colla congerie del pessimo lodato.
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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