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      Quando il D'Annunzio annunciò San Sebastiano, l'Indice cambiò criterio e corse ai ripari eccitatovi della solerte Civiltà Cattolica. Il 4 febbraio 1911, nell'aspettazione del Mistero Parigino, dopo aver rammentato tutto quanto si trova di offensivo al senso morale nelle precedenti pubblicazioni d'annunziane in generale, e, specialmente, nel Più che l'amore ed in Forse che sì, forse che no, l'organo dei gesuiti si faceva a proibire:
      «Il martirio di S. Sebastiano si presenta come un insulto sanguinoso, non solo alla coscienza morale, ma a quanto vi è di più delicato nella coscienza religiosa. È tempo oramai che si scuota il giogo obbrobrioso. Basta: fuori il barbaro! Fuori dal bel cielo italiano, dalla patria di Dante e Manzoni! Sappiamo bene che molti, prescindendo dalla questione morale quasi non fosse disgiunta dall'estetica, non osano negare al D'Annunzio una grande quantità di pregi affatto estrinseci, quali la lingua tersa, sapientemente scultoria, il fascino di una musicalità singolare, la padronanza degli inesauribili tesori della nostra lingua, la capacità di creare nuove forme artistiche, il genio classico di modellare una favella e tutte le sontuosità più recondite del pensiero. Ma osiamo negargli, e ne abbiamo il diritto, che, in nome di questa discutibile superiorità, e abusando di queste doti, si vilipenda la nostra coscienza di italiani e di cattolici, si corrompa quanto vi ha di santo anche nella nostra gioventù, si ricopra di fango quanto vi ha di più sacro nel nostro sentimento religioso».


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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo
1914 pagine 379

   





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