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      Il salotto del poeta, nell'albergo dove alloggiavamo, pareva un ambulatorio. Era sempre pieno di gente, dalla mattina alla sera, e ogni due minuti il servo annunziava una nuova persona. Fin nei brevi ritagli di tempo, ne' quali si mutava d'abiti, D'Annunzio aveva alle costole una decina di spettatori. In quindici giorni, non riescii a scambiare qualche parola con lui se non durante il tragitto dall'albergo alla stazione, quando partii. Allora finalmente potetti chiedergli: «Come stai?» E perchè in quelle interminabili visite lo avevo udito parlar sempre - mentre gli altri non facevano che ascoltare - e parlar di tutto, e non mai dar segno d'impazienza e non mai smettere quella sua aria di sorridente affabilità, gli chiesi: «Ma come puoi fare ad essere così cortese con tutti, in tutte le ore?»
      Egli mi rispose: «La più bella vittoria è quella che si ottiene sopra sè stessi. Bisogna saper dominare i propri nervi» Gàbriellino, Op. cit. (pag. 993 Lettura).
      «Ed anche il figlio ebbe la sua parte, come già a Roma al tempo avventuroso del trionfo navale, quando: «ogni giorno la posta gli recava lettere ardenti di donne, che spingevano il loro fervore per la sua arte sino a fissargli dei convegni». Talvolta mostrandomi uno di quei dolci e lusinghieri inviti, egli mi diceva in tono scherzoso: «Se vuoi andarci tu....». E a furia di sentirmi ripetere lo scherzo, un bel giorno feci sul serio; ci andai....
      Sicchè la sostituzione di un cinquantenne in un gagliardo giovanotto doveva essere molto accetta dalle partenaires; le quali si raccomandavano alla buona ventura in sulla speranza dell'orgoglio soddisfatto, mentre alcun che di meglio e di più reale soddisfacevano al punto col sostituire il figliolo al papà. - Con questa esistenza sovracarica di lavoro e di emozioni, di trionfi d'ogni genere e specie, notturni e diurni, come non sentirsi affaticato?


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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo
1914 pagine 379

   





D'Annunzio Lettura Roma