per scodellarci questa Primavera;
ho vergogna di te che, senza velo,
balli la danza del ventre sul cielo.
Occhiaccio strabico e permaloso,
sbìrciami in terra, sono il tuo sposo;
sogguarda dalla palpebra rossa e purulenta.
Testé, fosti uno specchio verdognologobbuto ad occidente
di un'acida e bacata melarancia:
sarai libidinosa bocca spalancata,
con lunga lingua di luce a imbavarei bei fianchi alle Nubi vaghe e strane,
prone al divano dell'orizzontecallipigie e impudiche cortigiane.
Questo a te, questo a meil contagio riserba alla fregola:
anche sopra le cime della nottestirano e snodano le membra erette dal peplo le Nubi
pazze e infeconde, convulse e corrotte.
Luna,
civetta ipocrita a starnazzareper l'aja insabbiata di stelle
fra il Carro e lo Scorpione,
sopra il catarro e il colascione della poesia classica,
ho le vertigini, non guardarmi più.
Un giovane impotente e smidollato ti squadra le fiche,
Luna smorta, o sorella,
oggi compunta e avvelenatadispensatrice di atroci virtù.
Libro quarto
LE DANZE
(Da "Canti e Danze di Maschere")
La pifferata
Io vidi i Re venir dall'Oriente
l'uno era giovane, l'altro era bruno ed il terzo un vegliardo cadente.
Per la città silente e nevicatapassar portando doni ognun pe' bisogni
dei bimbi, delle bimbe e dei malati e dei sofrenti:
lunga parata di camelli e schiavi vestiti a stole d'oroe magico lavoro d'oreficeria.
Squillano le campanule d'argentoper il vento invernale a quando a quando:
gettansi fior' da canestri ingemmatii bei fior' della state incensando.
La fistola silvestre sopra le cennamelle
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