la mestizia e l'angoscia le più rare;
riepilogare il dolore del mondocolle pupille chiare,
quasi riverberate di felicità.
Accorgermi, intanto, che mi stanno in tornomolti visi vigliacchi a compassione;
vedere che adoran la Morte
nelle false apparenze della Vita;
sorrider loro, comunque, e non disingannarli;
lasciare il vicino pezzente a pregiarsi li orpelli,
mentre si stima un principe.
Sapere che si intesse un'umile catenaper conoscer le serie della Vita,
inanellate d'umiltà e d'orgogli;
riconoscere ancora, che code sta catena d'amoremi si ribatte sui polsi
e mi affila il fendente alla mannaja,
pur che ne appaja, vindicecon gesto schietto, la mia passione:
e che la nostra piccola esistenza
è troppo misera e debole e follegettata in pegno alla lotta,
palma avvizzita al martirio,
al procedere armato e gloriosodella nostra inquieta umanità.
- Oh, destino tremante ed ambiguo,
che afferma la nostra vendettasopra la nostra tomba illagrimata! -
Quindi, studiar l'equilibriosulla morte, sui vermi e sulle investiture
delle plurime genesi future,
nate da noi, dalla nostra putredine,
dal volo del nostro pensiero:
sacrificare al Giorno della Cronaca,
come un sadico giudice feroce,
l'impeto generoso, immediato, impulsivo,
per le fatali infiorescenze storiche.
Saper la grande voce che risuscita il fiacco a battaglia,
la cote che riaguzza la zagaglia,
il nuovo detonante alla mitraglia,
e rimanere inerte e muto.
Poi, col pigro egoismo della bastarda ragione,
contrastar l'illusione libera erotta dal cuore,
e por sotto al coltello dilemmatico
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