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      Pur troppo l'uomo di genio
      , ci avvisa Heine, un altro grande mordace e sorridente infelice "tolta di mezzo anche l'altrui malvagità, racchiude in sé il più duro persecutore di sé stesso; ed ecco perché la storia delli uomini grandi è un vero martirologio". Pensate! non poter accordare il proprio altissimo pensiero a quello pigmeo di tutti! Non concordare colla folla, che, pel numero grettissimo, è pur la despoina di tutto, anche della madia del pane? Quando si è in queste circostanze - di non poter essere utili, o di repugnare a divertire - diventa logicamente divina anche la morte per fame.
      Ma D'Annunzio è scioperato perché scialaquò; ma a lui venne d'ogni parte fortuna, sotto veste di amanti, di ammiratrici, di impresarii, di editori, di folla in palchi, in platea, in piccionaja, cosmopolita: egli ha sempre vissuto più che riccamente anche in miseria; a farlo simpatico gli mancò la grande passione, a non dargli torto la sua sfacciataggine. Vorreste forse farmi comprendere che quelli altri disgusti, gonfiati dalla réclame perché gli rendessero meglio, si possano chiamare: Il Martirologio di G. D'Annunzio? Non basterebbe l'altro del S. Sebastiano?
      Può dirsi di lui, per continuare la citazione dell'Heine, come per Lessing: "Mirabile, che, essendo egli in Germania l'uomo più arguto, vi fosse anche il più onesto?17 Mai non avrebbe transatto colla menzogna qualunque potesse, coll'osarla, come i sapienti dozzinali, agevolare il trionfo della verità. Chi mai badasse, disse un dì Lessing, ad apportare all'uomo una verità sotto qualsiasi maschera o simulacro potrà ben dirsi di quella il ruffiano non già il vero amante". Ma voi già sapete che D'Annunzio è il tipo del mentitore eroico e che per null'altra ragione io gli muovo contro.


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D'Annunzio al vaglio dell'Humorismo
di Gian Luigi Lucini
pagine 126

   





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