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      È inutile dire che il filosofo rimase con Paul Adam; che codesto violento distruttore si compiacque di chi aveva saputo rifabricare, dalle sue rovine, attestando che l'iperuomo è colui che si sorpassa, in quanto, come l'autore, stoico, ha vinto le proprie passioni. Nietzsche s'avvia alla santità per il cammino opposto col quale credé avvicinarsi Cristo: il risultato è identico, la moralità umana e naturale scaturiente, perfetta. D'Annunzio, che sarà per tornare a brancicare nelle sanie e nel sangue dilagati dalli in-folio de' Bollandisti, e schiumeggerà la passione del San Sebastiano dopo che quella di Fedra bestiale non lo aveva abbastanza commosso, D'Annunzio credeva che il superarsi in un uomo civile del secolo XX sia l'uccidere un vecchio che non sa difendersi e derubarlo. Ciò è puerile e disgustoso: e come ha fatto a credere che fosse anche bello? Gli sfuggì la frase dalla Gaja Scienza: "amo coloro che non cercano delle ragioni per morire e per offrirsi in sacrificio e li altri che si sacrificano alla terra, perché questa appartenga un giorno all'uomo grande"? È grande un assassino! Questo è grande: "Sii tu il vittorioso, il vittorioso di te stesso, padrone de' tuoi sensi, sovrano dispotico delle tue proprie virtù!". Decisamente, Corrado Brando20 è un fanciullo vizioso e mal cresciuto: ha confuso il pugno poderoso coll'energia che emana un'idea: tanti altri confondono istessamente, che quegli sia il figlio più caro della psiche d'annunziana.
      Non so, allora, se usando di questi successivi procedimenti il nostro autore ci possa convincere, farci propendere al suo giudizio, perché, mi pare, che non abbia potuto commuoverci: le sue parole dicono meno di quanto suonano; sono enormi nell'aspetto tipografico e vocale, ma vuotissime se interrogate dalla logica, dal buon senso e dal sentimento.


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D'Annunzio al vaglio dell'Humorismo
di Gian Luigi Lucini
pagine 126

   





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