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      Declama col pum-pum e i corruschi, i vocalizzi e le agilità cromatiche lungo il verso: precede in cappa magna e cero acceso, tra i portatori di baldacchino, al Corpus Domini; colla medesima indifferenza, in abito da società, sale le scalette del trivio, scatologico e mistico, tautologico ed ingombrante, sé stesso additando senza alcun riguardo al pudore, tra Il Burchiello e Lo Zibaldone, Antinoo meno parco del vaticanesco e men capelluto, araldo e custode, per amministrazion privata del suo pensiero che vagella, sviene a pause, si rifà e vagisce e si nutre coi proventi della sua rinomata estemporaneità.
      Donde il pubblico, che s'era lasciato prendere a gabbo, se lo trova sul collo, e, volendolo scavalcare, si dimena: indi si rimette in pace, lo sente concionar di sopra e a dirgli villania; ode, perché non gli garbò la fischiata di pocanzi, rinfacciargli la debolezza ch'ebbe già per lui e la pochezza del suo senso critico, che lo aveva ingannato sul parere; e pensa che il grande poeta deve essere qualche cosa d'altro e di diverso. - In fatti, creare, produrre nuovi enti a propria simiglianza, significa veramente, prima, rettificare la propria coscienza, mondarla dai depositi delle imitazioni e del conformarsi; poi, esprimere, dal proprio genio, sotto li ambienti richiesti delle attualità, quanto meglio corrisponda al bisogno estetico dell'ora. Egli, invece, tutto spugna, imbevuto di tutto e di tutti, si vanta personale.
      Tale questo eccesso esteriorizzato di moltiformi e molteplici letterature e letture; supporsi; bovarismo; triste malattia mentale che gli suggerisce la superstizione di sé stesso in quanto non è; feticismo inutile e crudele, facendogli credere d'essere capace di quanto non può né potrà mai fare: pensar cose grandi e generose, operar virilmente e disinteressatamente40.


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D'Annunzio al vaglio dell'Humorismo
di Gian Luigi Lucini
pagine 126

   





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