se l'illustre D'Annunzio
piega le corna al quia,
balbetta sulla sillaba,
ringuaina Poesia,
volge corso al ginnetto,
rimuta il suo diletto.
Ti presenta il groppone?
Tu inforcagli il dadà;
deliri in gestazionela sua fecondità.
Torna a fiorir Manzoni;
blaterano le Ciane;
Fogazzaro risuscitaper tutti i goccioloni
e le oneste puttane:
il Capitan Cortese
estrae da Carlo Marx
turatiane preteseritto al "presentat'-arm!".
Fa all'amore il Benelli
co' suoi Re Stenterelli;
ingravida il Gozzano
la sua Felicità
già serva ne' bordelli;
detuona il futurista,
da Spagna in Inghilterra,
approssimando guerracon ogni assurdità:
Pascoli, in cameretta,
ponzando l'inno a Roma
in bei versi latini,
s'acconcia alla seggetta,
sorbisce la tisanache gli porge Mariù,
la sorella servettad'estetica umiltà:
ma D'Annunzio è quel fiorepiù caro e più squisito,
indice preferitod'ogni celebrità;
nasce fiorisce e muorese gli inforchi il dadà.
ConclusioneDite la vostra che ho detto la mia,
- e così sia.
Ho definito completamente la mia polemica nel giro di questo librattolo e non vi ritornerò più sopra. Alli avversari il confutarmi, il combattermi, il vincermi: non risponderò.
È con un vero senso di sollievo, di liberazione ch'io evado da queste pagine; ho bisogno di respirare aria più sana e vivificatrice, di avermi davanti li occhi un paesaggio più vasto, delimitato più vagamente da un orizzonte, il quale non segni confini, ma li annebbi, come postillasse l'indefinito: e volare.
Comunque, per quanto a me stesso ingrato, mi sembra di aver compiuto il mio dovere, eccessivo, severissimo: ho forse esagerato; ma, se rispetto alla persona del D'Annunzio, un grande artista decaduto per la sua golosità e tradito dal corteggio de' suoi Seid, non certo di fronte alla maschera, alla categoria che rappresenta.
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