- Strazio, Maurice Léon, concede a sè stesso la sintesi: "Considerate l'anima mia come la espressione simbolica di questa fine di secolo! - Sono seduto nella mia poltroncina: l'orologio a pendolo, tic-tac, tic-tac, oscilla e canta in ritmo. Muojo, vivo: tic-tac, tic-tac. Tutto muore, tutto vive: io so e non so; gioisco e sofro: oh, sofrire!" Che dice il Faust di Marlowe? "Oh, sofrire; ma saper di non morire ancora!" Quale differenza, quale ritirata di fronte ai diritti della vita! - Un bel mattino lieto e tiepido di primavera il domestico socchiude l'uscio della sua camera; dorme Maurice Léon; per lo meno crede ch'egli dorma. Vi ritorna poco dopo. Volumi sparsi, aperti, sfogliacciati, in terra, sopra il tavolino; si rialzarono le coperte del breve lettino sopra un cadavere insanguinato e sopra l'acciajo lucido di una rivoltella. Maurice Léon si era evaso, più fortunato di Giorgio Ofredi, che volle tentare il disgusto della esperienza: la coraggiosa vigliaccheria gli aveva risolto l'enigma delle idee pure. - Certo di quest'altri due, Alberto Pisani è più sano.
Comunque, se riavvicinate Les Images Sentimentales di Paul Adam, all'Altrieri, dopo di non aver trascurato le definizioni negative dell'Ofredi e del Maurice, voi vi ritroverete davanti autori che si sdoppiano, che projettano le loro diverse fasi, come la luna, sullo schermo bianco delle loro pagine, rinnovandosi: vi si ammirano a loro posta, si calunniano, si umiliano, vi recitano le loro intime tragedie. Poi ironeggiano.
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