Sì che Carlo Dossi ed Alberto Pisani furono spettatori della trasformazione. In quel loro Presente, in questo nostro Altrieri, già si pretendeva luce ed aria; già si incominciava a demolire: piazze larghe, strade in rettifilo; sovrani, picconi e squadre. Vi hanno camminato, vi camminano i cittadini più diritti e sicuri? Ogni cosa consiglia l'ortogonia, la politica e l'igiene; per ciò si sopprimono li edifici biscornuti e le idee doppie; - quelle, cioè, che sono sempre vive, e sono le più sincere; - noi non vogliamo scansare l'ostacolo, ma lo abbattiamo; alla critica succede la sintesi; ma scordammo molta allegria e molto buon cuore; ma l'ironia si è fatta sarcasmo; e ciascuno teme del suo vicino: se la satira interviene, si invoca al chirurgo, che Carlo Dossi reputa una delle più tristi necessità umane; e, chi dice chirurgo, accorge l'ammalato; e Carlo Dossi molti ne vide, coi quali, Alberto Pisani. In compenso, l'aspetto non potrebbe essere migliore; ma è un'inzaffatura dì calce lievemente indorata dal giallo-cromo dell'imbianchino: niente portoni ad ogni ponte del Naviglio, colmati i vicoli, fontanelle d'acqua potabile sopra d'ogni trivio; ciascuno veste più decentemente; alla domenica riposo festivo - incontrate il vostro lustrascarpe agghindato come un milord, George Brummel del selciato -, e le vostre domestiche si rifiutano di custodirvi il bollito. Milano è più sana, più costumata, più libera? È una domanda; e pure, quell'altra ha i suoi adoratori che la vagheggiano di sulle stampe ed i disegni con postumo amore tra il curioso e l'indiscreto; se ne innamorarono troppo tardi; la scrivono e la descrivono come una paleografia sentimentale.
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