.. caregada de tucc i erudizion, che i serv e i recatton dan de solit a gratis al poetta:" ma, tra le faccende del mercato, tra il monte fresco ed odoroso delle verdure, dei fiori, delle frutta, i pingui formaggi, le rosate polpe dei salumi; tra le piume e le pelliccie della cacciagione; tra la fragranza salina e salmastra della pesca, sotto li ombrelloni, sul suolo madido e lubrico; tra i frusti delle insalate e delle verze, in pieno cielo meneghino, un vocabolo toscano, una esclamazione napolitana, una bestemia genovese interrompono l'incanto. La Piazza veste la sua realtà: il carattere equivoco e complesso di un gran mercato qualsiasi, all'aria aperta; noi udiamo cianciare, in un misto italiano di caserma e di quinte, incolore e banale, linguaggio permesso ad una città d'emporio, che rimuta le sue espressioni col mutare veloce delle mode trimestrali, la sua fisionomia ad ogni lustro; città aperta all'estuarvi della immigrazione, dove, moltissimi sono li elettori e minimi i cittadini.
Però che se ne accorgeva Carlo Dossi sin dal principio e lamentava lo squalificarsi di molto patrimonio autoctono intellettuale(30): "L'umore milanese e lombardo, oggi è quasi irremissibilmente perduto. Invano cerchi qualche scampolo di quella stoffa ambrosiana, che diede Manzoni, Cattaneo, Bertani, Gorini, Vassalli, Rovani e molti altri minori. Era gente questa di alto ingegno ed insieme cavalleresca, amabile e bonariamente spiritosa. Nutriti di Porta e di Rossini, erano amanti delle gonnelle senz'essere puttanieri; erano giocondi senz'essere mai sguajati.
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