Supporavano le angoscie reali ed imaginate di questa gioventù tradìta dalla realtà del vivere; deliravano le antinomie tra il volere ed il potere, tra la volontà inutile e la refrattarietà dell'ambiente sociale, tra il pensiero e l'azione, che sembrava non poter più.
Rappresentativo del malessere generale, ancora, Giulio Pinchetti sottoponeva la sua dolorosa vivisezione all'amico Sardi(33): "Ho mille temi capricciosi che mi ballano in capo: mille pensieri condensati in convento: vapori, bolle, forse, che scoppieranno, presto o tardi, in qualche acquazzone di terzine. - Custoza, Lissa., cuore, natura.. e tante altre tempeste mi picchiano nel cranio, che non so io dove battere... Con più ci penso, ad onta di questo, mi vado persuadendo che in Italia l'unico poeta possibile, ora, è Byron...: ed io ti dico, che, inanzi di essere Chatterton tra questa ciurmaglia di trafficanti, preferisco cantar natura e cuore indipendenti dell'umano bipede, come Berni o Petronio". - Ed il dissidio si acuiva e si faceva ad acusar il mondo(34): "Il mondo è fatto al rovescio, come quei dannati di Dante che avevano il culo inanzi, il petto dietro e le lagrime strisciavano per lo fesso". - E lamentava la mancanza di scopo, e gridava la propria infelicità, e, nello stesso tempo, preferiva, colla Italia di fronte, la maschera di Sallustio, altro fare, altro dire(35): o esserle infelice e non confessare l'infelicità giammai".
Decadenza?
Noi siam i figli dei padri ammalati;
Aquile al tempo di mutar le piume,
Svolazziam muti, attoniti, affannati,
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