Il Dottar Ferretti regala a Carlo Dossi penna, carta, calamajo ed inchiostro molto nero, impresta la sua esperienza; l'altro se ne valga. - La penna corre, l'inchiostro tinge, afferma, inchioda in berlina. È tutta una spigliatezza, un ghirigoro liquido e scorrevole di frasi semplici e pungenti; ogni parola ha un aculeo, ogni virgola è un amo immesso a pescare nella coscienza del lettore, un uncino suggestivo; ogni esclamazione un graffio. Malati, malattie, infermieri, eredi che aspettano impazienti l'ultimo nato del parente ricco, che li ha diseredati; medicastri che ritengono la laurea in medicina come una licenza di caccia; delitti sordidi, crudeli, nascosti, appiattati sotto la lustra del titolo nobiliare; la gola, la lussuria, la sciocchezza, la paura; dilettanti ammalati e dilettanti isteriche; Putifarre de' proprii medici curanti; nevrastenia, cattiveria, ed, ultima perla, invece del veleno in fondo, la riconoscenza d'un brav'uomo: tutto questo rivedono, al passo elegante della chiacchiera saporita, i Ritratti umani, dal calamaio di un medico.
La sua magnifica innocenza ha dei traslati, che, come una luce raccolta acconsente al mormorio caldo della voluttà sussurrata senza adombrare il pudore, così, castamente, persuadono a fare quanto offenderebbe di udire; qui, si barzelletta ad aforismi ed a paradossi, come un conferenziere di bazzecole umanitarie; qui, si riversano, si smascherano le nagioni de' drami, che esplodono sopra la cronaca de' giornali, con meraviglia di tutti; le tare secrete e vergognose, donde provengono li aspetti interessanti, poetici, romantici delle persone per bene ed assai sentimentali.
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