L'evocatore sfoggia la sua potenza; chiama a sè lo Spirito della Lussuria, senza materiale corrispondenza, senza bisogno di un seguito diretto, in cui si sfibri e si plachi. L'atto si annulla alla visione; rimane l'entità psichica e morale della intenzione; il gesto si spiritualizza, s'infosfora di bellezza e di pensiero; l'animo dell'artista, erotizzato, si esaspera; il cervello persiste a definire, in etica, l'estetica; rende la nobiltà di un ideale entro cui combattono e fremono, senza potersi superare, in vicenda, il Cielo e l'Inferno. È l'umanità nel suo punto più nudo e più crudo, in bilancia sulla Purezza e la Lussuria, fulcro Priapo; pietra nera d'Elagabalo discettatore della ragione animale ed eterna.
La punta della penna di Carlo Dossi stride ed incide, nera, sulla carta indelebile; non l'emula lo stile libero, che tracciò il museo secreto di Giulio Romano, di Marc'Antonio, de' Caracci, dell'olandese Torrentius, delle stampe saporose e grasse di Rembrandt; le grivoiseries postillate ed acquarellate, a sanguigna ed a grisailles, dei La Tour, di Boucher, di Fragonard, delli artisti in diciottesimo, del diciottesimo secolo, che hanno dato il massimo contributo al Décolleté et Retroussé di quattro secoli di gauloiseries, non la superarono mai. Anche Rowlandson, colla sua gioja ventripotente e massiccia, anche Hogarth son già sorpassati. Goya gli cavalca alla portiera di sinistra, a destra Rops; essi gli porgono il terribile ed il delizioso; riabilitano, colla soferenza la lussuria: "Oh se la voluttà non è che il sorriso del dolore, la lussuria sarà lo strazio dell'amore!
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